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App Immuni: persone e società

Immuni: persone e società

IL PENSIERO NASCE LIBERO

Quando mi sono avvicinato per la prima volta agli argomenti della psicologia e ho letto qualche recensione dei testi di Freud e di Jung ero uno studente del liceo. Ricordo l’emozione provata nel visualizzare la strada percorsa dai padri della psicologia. Quella loro curiosità per l’essere umano e per le sue vicende, qualcosa che però era diverso dal campo di studio del filosofo o dello storico. Si trattava di un pensiero centrato su qualcosa di molto concreto, su qualcosa che prescindeva dalla ricerca di verità assolute, ma piuttosto rivolto a comprendere come ciascuno potesse cogliere la propria verità e potesse perseguire un obiettivo primario e fondamentale: la felicità individuale.

Perseguire questo traguardo prevedeva un lungo percorso di saggezza che, passando per le strade più diverse, conduceva all’acquisizione di una qualità imprescindibile: essere liberi. Il pensiero doveva essere libero, il più possibile. 

Parliamo di un obiettivo irrealizzabile in maniera completa, ma quello che contava, ed è valido tutt’oggi, è incamminarsi per questa strada.

Fare una psicoterapia significa compiere un percorso di saggezza, un percorso che conduce a consapevolezze nuove su come affrontiamo la vita e le sfide quotidiane. In definitiva s’impara a valutare diversamente le cose e a darsi nuovi obiettivi, maggiormente centrati sulla propria natura più intima. Ecco la libertà. Primariamente è la libertà di un pensiero svincolato dai condizionamenti che, come burattinai,  agiscono indisturbati nel buio dell’inconsapevolezza. 

Questo dunque è il senso del conoscere se stessi: affrontare un viaggio di scoperta immergendosi nel proprio universo con gli occhi spalancati e la curiosità di un bambino.

IMMUNI: L’APPLICAZIONE CHE SUONA ALLA TUA PORTA

Si può vivere in tanti modi. Si può anche scegliere di abdicare alla propria vita, di abbandonare il timone della nave, di rinunciare alla coscienza in cambio di una vita incolore, insapore e apparentemente in discesa.

Ci sono però dei momenti in cui qualcuno o qualcosa irrompe nella calma piatta di chi vorrebbe evitare conflitti interiori e costringe ad un confronto con se stessi, ad una improvvisa e violenta presa di coscienza che non apparteniamo al mondo degli oggetti, non siamo pietre ma esseri viventi il cui imprescindibile compito per stare al mondo è decidere.

Decidere è un atto di vita è un dovere irrinunciabile al quale non ci possiamo sottrarre in alcun caso ma che in talune circostanze diventa un organizzatore del pensiero. Sì, perché anche non decidere è comunque prendere una decisione: quella di lasciarsi trasportare dalla corrente del fiume, quella del vivere senza vivere. È pur sempre una decisione.

Nel momento in cui viene proposta ai cittadini l’applicazione Immuni, quand’essa è presentata come una scelta volontaria, si pone per ciascuno una domanda ben più complicata: cos’è per te di primaria importanza, la tua libertà personale o il bene della collettività? Appare immediatamente chiaro come questa domanda non ha una risposta universale. L’unica risposta che si può dare è soggettiva e rappresenta sempre una valutazione in percentuale dell’importanza che ciascuno attribuisce ai due estremi.

UN PROBLEMA ANTICO

Il problema, in effetti, non è per niente nuovo. Freud, padre della psicologia, si è occupato di questo complicato argomento in un saggio del 1929: il disagio nella civiltà. Non è stato certo l’unico a dare una lettura psicologica e filosofica del problema ma certamente la sua opera mette chiaramente in risalto i termini della questione. Freud descrive in modo aspro e diretto quelle che sono, dal suo punto di vista, le dinamiche psicologiche sottostanti alle società umane. La civiltà nasce per garantire sicurezza e ordine ai cittadini, ma gli imperativi che essa impone al singolo sono spesso in contrasto con la soddisfazione dei bisogni individuali. Il disagio del vivere nella civiltà è dunque determinato dal contrasto perenne tra felicità individuale e utilità pubblica.

Come si può ben capire il problema è antico e, fino ad oggi, non ha conosciuto alcuna soluzione che non sia di compromesso. L’espressione dell’individualità incontrerà, presto o tardi, il divieto imposto dalla società giustificato dalla salvaguardia del bene collettivo. Del resto l’individuo isolato non ha la possibilità di sopravvivere ed è quindi costretto a costituire il gruppo. 

Un’evidenza che, immancabilmente, si manifesta in ogni percorso di psicoterapia è proprio questa. Un conflitto sommerso tra le richieste che all’individuo, fin da bambino, vengono rivolte dal gruppo di riferimento e la sua indomabile profonda natura che reclama la manifestazione della propria unicità.

LA SCELTA È ESPRESSIONE DI INDIVIDUALITÀ

In un momento storico in cui il diritto collettivo alla salute si sovrappone al bisogno di autodeterminazione del singolo, si è venuto a creare un paradossale cortocircuito che ha incenerito, in un attimo, tutti gli spazi di libertà riservati a quella dimensione vitale che risiede nell’unicità della persona.

Quindi è imprescindibile porsi il problema della scelta se utilizzare o non utilizzare l’applicazione destinata a controllare gli spostamenti di ciascuno. Essa, implicitamente, costruisce una limitazione della libertà individuale, necessitata da esigenze del buon funzionamento della società tutta.

Si è dunque più liberi sottraendosi a questo controllo oppure si è più liberi accettando di muoversi sotto l’occhio vigile di un genitore-stato che si fa carico del peso della salvaguardia di tutti?

Come si può capire la risposta a questa difficile domanda può essere solo soggettiva. La psicologia può però suggerire di esercitare consapevolmente una funzione decisionale, evitando di abbandonare il timone della propria nave rimettendo decisioni fortemente personali al caso o all’abitudine.

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Dott. Federico Milione - Mindesigner
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