Mindesigner

"Una mente bella vive in un mondo bello"

Libertà di rinascere

La forza della vita vince ogni ostacolo

La primavera negata

Aprile 2020 verrà ricordato come l’anno in cui la primavera, dolce promessa di vita, fu negata. Passeggiare al sole, andare al mare, incontrare amici, furono le cose più trasgressive e abbiette che si potessero concepire. Elicotteri e droni a sorvegliare il territorio, a scovare anonimi criminali irrispettosi dei divieti atti a salvaguardare la salute collettiva. Mentre scrivo queste righe ancora l’umanità non sa se uscirà e come uscirà da questa crisi planetaria. Ma la domanda più inquietante è se la crisi sia da considerarsi una crisi sanitaria, politica o crisi delle democrazie. Sicuramente è una crisi psicologica.

Mai, nella storia moderna, era capitato di dover compiere un processo di adattamento così radicale e così velocemente. La domanda che più frequentemente viene rivolta allo psicologo, in queste settimane, è come poter sostenere l’ansia per l’ignoto e la paura del contagio. Inizialmente rispondere a questa domanda è stato relativamente semplice. Ogni psicologo ha nel suo bagaglio formativo le conoscenze adeguate per poter spiegare cos’è la paura e perché è un sentimento tanto comune in un momento di emergenza. Tuttavia, con il tempo, è diventato sempre più difficile dare una risposta adeguata, centrata sul disagio psicologico dilagante, il quale non appare più frutto di un semplice vissuto di ansia e paura.

Quando i “buoni consigli” non sono più sufficienti

Si fa strada, in modo silenzioso e strisciante un altro tipo di disagio, che non conosce una risposta nel paradigma della terapia della paura. Si tratta di un disagio diverso, profondo, che lambisce il quadro della depressione, che produce risposte nella maggioranza disadattative come l’abuso di alcol, di cibo, l’uso di sostanze e psicofarmaci. Un disagio che, questa volta per ragioni contingenti, resta confinato tra le mura domestiche, classificato in modo leggero, come fosse la bizza di un bambino che non vuole fare i compiti. Ma non è così. Certamente le risorse psicologiche sono diverse da persona a persona, ma la profondità di questa sofferenza non è una questione di buona educazione o di propensione al compito, è da cercarsi in qualcosa che tocca aspetti profondi dell’essere. 

La libertà sospesa

Aprile 2020 è il momento in cui è stata negata, a tempo indeterminato, la libertà. 

Gli esseri umani, che per anni si sono divisi tra coloro che difendevano i diritti degli animali ad essere liberi e quelli che giustificavano i giardini zoologici, adesso si trovano d’improvviso a vedere le sbarre come le vede il leone, sradicato dal suo ambiente naturale o l’aquila, che agogna spazi sconfinati. Come loro oggi è l’uomo, dominatore della terra, o almeno così credeva. Prigioniero della sua stessa società, bloccato in un limbo di normale quotidianità domestica, negato nella sua natura profonda di esploratore, come era Colombo, come era Ulisse. Negata anche la sua natura sociale e relazionale, trasformata in un pericoloso tabù, qualcosa di cui cominciare a vergognarsi e, magari, progressivamente a liberarsi, almeno nella sua forma spontanea. 

Non si parla di questa sofferenza perché la ragion di stato stabilisce la scala delle priorità; e questa non appare essere tale. Ed ecco che gli psicologi si affannano a dire che si può sostenere la “quarantena”, termine improprio ormai da ogni punto di vista, ricorrendo a varie utili distrazioni: stando con i propri figli, leggendo libri, imparando a cucinare. Soprattutto a mangiare, aggiungerei. Poi arrivano i personal trainer ad incoraggiare una forma fisica che dovrebbe essere, come prima, una priorità. Allora ci si può allenare sollevando casse d’acqua, correndo in salotto, riscoprendo quanto è bello saltare la corda. Se non bastasse questo a contenere la deriva depressiva in atto, giungono, come acqua nel deserto, le parole dei profeti, esponenti di religioni varie, che sentenziano che la sofferenza è, in qualche modo, il sale della vita e che magari, forse, ce la siamo anche meritata.

Gli occhi del drago

Per quello che mi riguarda dedico il mio impegno professionale ad aiutare le persone ad essere più libere, attraverso la conoscenza di sé, compiendo piccole ma importanti modifiche al proprio modo di affrontare le avversità. La psicoterapia è scienza e arte: significa aiutare qualcuno a trovare una soluzione personalizzata, propria, autentica alle sfide che ha davanti. Significa aiutare la persona a scoprire risorse nascoste, ad attraversare la paura, a fissare obiettivi e costruire strategie proprie, uniche, individuali, per poterli raggiungere.

Bisogna ripartire da qui. Questo è il motivo, a mio avviso, perché i “consigli dello psicologo” non servono più adesso, dopo settimane di confinamento. Non si può curare la peste con l’aspirina e nemmeno un disagio esistenziale profondo con un semplice consiglio. Non si può certo immaginare una psicoterapia collettiva per migliaia di persone o la psicoterapia come medicinale da banco, ma c’è una cosa che gli psicoterapeuti sanno: il primo passo per uscire dalla sofferenza è accettare che esista.

In questo momento i canali social fioriscono di piatti prelibati, giochetti da salotto e umorismo un po’ improbabile. È solo un coperchio sopra la pentola che bolle. Forse è più utile dire che si sta male, che si è tristi, spaventati, arrabbiati. Questo è il punto di partenza. Può sembrare di gettarsi ancora di più nelle profondità del dolore, ma è un trampolino. Prendere contatto con quella voce interna che dice “non va!” è il primo passo per rinascere, per mobilitare risorse creative nascoste e poter, successivamente, trovare soluzioni funzionali e adattative rispetto ad un mondo, il nostro, che pare irreversibilmente cambiato.

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Dott. Federico Milione - Mindesigner
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